Perché la Monsanto vuole lavorare con i big data in agricoltura?
Le maggiori corporation del biotech stanno investendo ingenti somme per l’analisi dei big data delle aziende agricole, molti agricoltori sono terrorizzati su come potrebbero essere sfruttati.
Immaginate mucche nutrite e munte interamente da robot. O pomodori che inviano una e-mail quando hanno bisogno di più acqua. O una fattoria dove tutte le decisioni su dove piantare i semi, irrorare con i fertilizzanti e guidare i trattori siano prese da software su server localizzati dall’altra parte del mare.
Questa è una visione di come potrebbe diventare la nostra produzione agricola negli anni a venire: di come l’agricoltura incontra Big Data. Non c’è carenza di agricoltori e guru del settore che pensano che questo tipo di produzione “intelligente” potrebbe apportare molti benefici. Spingendo questi strumenti sui terreni coltivati aumenterà la nostra capacità di controllare queste attività diabolicamente imprevedibili e aiutare gli agricoltori ad aumentare i rendimenti pur utilizzando meno risorse.
La grande domanda è chi esattamente finirà per possedere tutti questi dati, e chi determinerà come verranno utilizzati?
Da una parte ci sono alcune delle più grandi multinazionali nel settore agricolo, che fanno a gara per raccogliere e mettere il loro timbro su come utilizzare gran parte di queste informazioni. Dall’altra parte ci sono gruppi di agricoltori e piccole start-up tecnologiche open-source, le quali vogliono garantire che i dati di una fattoria rimangano in controllo del contadino e sia utilizzato per gli interessi degli agricoltori.
Chi vince determinerà non solo chi trae profitto dalle informazioni, ma chi, alla fine della giornata, dirige vita e profitto in azienda.
Un recente round di questa battaglia ha avuto luogo nel mese di ottobre, quando la Monsanto ha speso quasi $ 1 miliardo per acquistare The Climate Corporation, una società di analisi dei dati. L’anno scorso l’azienda chimica e di sementi ha acquistato anche la Precision Planting, un’altra società high-tech, e ha anche lanciato un fondo di venture capital orientato a finanziare start-up tecnologiche.
Nel mese di novembre, John Deere e la DuPont Pioneer hanno annunciato l’intenzione di collaborare per fornire agli agricoltori le informazioni e le prescrizioni in tempo quasi reale. Deere in questi ultimi anni ha aperto la strada dell’agricoltura di precisione, equipaggiando i trattori di sensori per trasmettere automaticamente i dati raccolti da particolari aziende agricole a database aziendali. DuPont, nel frattempo, ha messo a punto un servizio che analizza i dati in “strategie di gestione attuabili”.
Molti agricoltori sono diffidenti che queste corporation possano utilizzare questi strumenti per comprendere i meccanismi di funzionamento dell’economia e delle operazioni della loro azienda. Il problema non è che queste aziende vorrebbero inondare i contadini con pubblicità, come Facebook fa quando sa che stai cercando di acquistare scarpe da ginnastica. Per gli agricoltori, i rischi dell’utilizzo dei big data sembrano colpire diritto al cuore il modo in cui le aziende si guadagnano da vivere. Cosa significherebbe, ad esempio, per la Monsanto conoscere la complessità della loro attività?
Molte associazioni di categoria dei produttori stanno lavorando per capire come queste aziende potrebbero abusare dei dati che raccolgono. “Stiamo firmando cose senza sapere a cosa stiamo rinunciando”, ha dichiarato Mark Nelson, direttore del commercio presso il Kansas Farm Bureau. Nel mese di maggio, l’American Farm Bureau Federation, un gruppo di pressione nazionale, ha pubblicato una breve report per delineare alcuni rischi potenziali intorno a questi strumenti agricoli basati su dati.
Per gli agricoltori, la domanda più immediata è chi possiede l’acquisizione di informazioni per queste tecnologie? Molti agricoltori hanno raccolto i dati di resa digitalizzati nelle loro operazioni già dall’inizio degli anni ’90, prima che fossero arrivati sul mercato attrezzi agricoli ad alta tecnologia. Ma queste informazioni erano accessibili nel momento in cui l’agricoltore si sedeva su un trattore e le trasferiva manualmente dal suo computer, o consegnava una chiavetta USB ad un agronomo per farli analizzare. Ora, però, i dispositivi intelligenti possono trasferire in modalità wireless i dati direttamente ai server di una società, a volte senza che il contadino lo sapesse.
“Quando ho iniziato la memorizzazione delle informazioni su Internet, io perdo il controllo di esse”, ha detto Walt Bones, proprietario agricolo a Parker, South Dakota, e in passato segretario di Stato all’agricoltura.
Justin Dikeman, un rappresentante di DuPont, ha detto che gli agricoltori continuano a possedere qualunque dati che vengono raccolti sulle loro attività. Un portavoce di John Deere ha anche sostenuto che agricoltori possiedono i loro dati, e che hanno la possibilità di accedere ai servizi cloud della società.
I dettagli su chi possiede cosa in una particolare fase del processo di analisi è meno chiaro, però. Anche se un contratto garantisce che gli agricoltori possiedono i dati grezzi, per esempio, non è chiaro se gli agricoltori saranno in grado di accedere ai dati in un formato non proprietario. Né è evidente quanto facilmente gli agricoltori possano bloccare questi dispositivi di raccolta e trasmissione dei dati.
Come le corporation utilizzano le informazioni è un’altra preoccupazione centrale. Una preoccupazione è che le corporation possano sfruttare i dati per la discriminazione sul prezzo, per cui fanno pagare alcuni agricoltori più di altri per lo stesso prodotto. Ad esempio, i dettagli sul valore economico di una produzione particolare possono autorizzare Monsanto o DuPont a calcolare il valore esatto della fattoria derivato dai suoi prodotti. Monsanto varia già i suoi prezzi per regione, in modo che gli agricoltori Illinois con un raccolto eccezionale possano essere addebitati più per i semi che gli agricoltori del Texas di fronte a un periodo di siccità.
Grandi cumuli di dati potrebbero permettere a queste aziende di variare i prezzi, non solo tra le diverse regioni geografiche, ma tra vicini.
Un altro problema è come verrà determinato il valore di queste informazioni, e come divisi i profitti.
I servizi di prescrizione che la Monsanto e DuPont offriranno si baseranno su grandi quantità di dati che accumulano da migliaia di singole aziende. Gli agricoltori considerano molte di queste informazioni – come fertilità del suolo e resa delle colture – confidenziali, e la maggior parte svela i dettagli su particolari tecniche di coltivazione che vengono considerate dagli agricoltori come personali “segreti aziendali”. Anche se le corporation si impegnano a non divulgare le informazioni specifiche dell’azienda, alcuni agricoltori temono che le informazioni possano finire per essere usate contro di loro in modo da ledere un loro particolare vantaggio competitivo.
“Se inavvertitamente insegnate alla Monsanto che cosa è che fa di te un contadino migliore del tuo vicino, si può vendere questa informazione al tuo vicio”, ha dichiarato John McGuire, un consulente per la tecnologia agricola che gestisce la Simplified Technology Services e sviluppato strumenti geospaziali per Monsanto alla fine degli anni 1990. Mc Guire sostiene inoltre che se la corporation raccoglie informazioni sufficienti apri la porta alla Monsanto per poter dire agli agricoltori: “Noi sappiamo come coltivare nella tua zona meglio di te”.
Inoltre, non esistono linee guida chiare su come queste informazioni saranno utilizzate all’interno dei mercati delle materie prime.
I dati in tempo reale sono molto preziosi per gli investitori e gli operatori finanziari, che hanno scommesso miliardi di dollari in grano, soia e mais. In un mercato in cui il minimo vantaggio infomationale fa la differenza tra enormi profitti e perdite ancora più grandi, le aziende che raccolgono big data avranno una base di clienti pronti, se decidono di vendere le loro conoscenze. Oppure potrebbero semplicemente usarlo per speculare.
“Se i dati raccolti in tempo reale andranno tutti in cloud e un sacco di investitori entreranno in questo mercato, esiste la possibilità di una distorsione del mercato”, ha dichiarato Kyle Cline, consigliere per la politica per le relazioni del governo nazionale presso l’Indiana Farm Bureau. “Si potrebbe destabilizzare i mercati, renderli più volatili”, ha detto.
John Deere ha dichiarato che non condividerà i dati con chiunque crede lo userà per influenzare o ottenere un vantaggio nei mercati delle materie prime. Monsanto, DuPont e altre aziende non hanno, però, rilasciato pubbliche dichiarazioni simili.
Alcuni agricoltori e piccoli produttori temono anche che l’analisi dei dati daranno ad aziende come la Monsanto e la DuPont più potere nel costringere gli agricoltori ad acquistare altre linee di prodotti. Monsanto, ad esempio, si è dimostrata molto abile a sfruttare la sua vasta suite di prodotti per sostenere l’un l’altro. Come la Monsanto ha usato la sua posizione dominante in un unico settore (dei tratti genetici) per aiutare gli altri (sementi, fertilizzanti) è stato al centro di una indagine antitrust triennale da parte del Justice Departement (DOJ ha chiuso l’indagine lo scorso novembre senza intraprendere alcuna azione).
Negli ultimi anni, Monsanto, DuPont e John Deere hanno inoltre ampliato la vendita agli agricoltori di una varietà di servizi finanziari e assicurativi. John Deere, per esempio, ammette che la sua divisione finanziaria può consultare i dati dalle macchine di un contadino, se l’agricoltore lo permette.
Altre società private sono anche in competizione per una quota della torta dei big data. Produttori di apparecchiature affermati come AgCo e Case IH stanno espandendo i propri servizi di analisi dei dati, e qualche parvenu high-tech stanno per entrare nella partita. Per esempio, The Climate Corporation, la società di dati sul clima acquistata nel mese di ottobre da Monsanto è stata fondata da un ex dipendente di Google.
Gruppi open-source che tentano di fornire agli agricoltori alcune tecnologie simili includono ISOBlue, un progetto della Purdue University, che insegna agli agricoltori come raccogliere indipendentemente e memorizzare i propri dati. FarmLogs , una società con sede in Michigan sostenuta da capitali della Silicon Valley, vende software e analisi dei dati che consentono agli agricoltori di controllare appieno le informazioni raccolte. “Stiamo spingendo contro il monopolio dell’informazione”, che alcuni fornitori esistenti creano, ha detto Jesse Vollmar il fondatore di FarmLogs, che è cresciuto in una fattoria.
Ciò che non è chiaro è se tali piccole società open-source saranno in grado di tenere il passo con le corporation nel lungo periodo.
“La Monsanto ha le sue dita piantate nel profondo le nostre industrie”, ha detto McGuire. “La sua espansione (nell’ analisi dei dati) dovrebbe spaventare un sacco di gente”.
Per essere sicuri, molto dipende da come gli agricoltori adotteranno questi servizi progettati ad hoc per loro. La Monsanto ha stimato che questo sarà un mercato da 20 miliardi dollari, ma non esiste ancora nessuna prova che la compagnia sarà in grado di elaborare questa mole di dati trasformandola in strategie di coltivazione e di business redditizie.
Alcuni esperti si chiedono se affidarsi a servizi di prescription-based è nel migliore interesse degli agricoltori. “Non vedo gli agricoltori stessi macinare numeri, quindi dubito che impareranno qualcosa di più su come coltivare bene”, ha dichiarato Bill Freese, esperto di biotecnologie agricole e analista di politica scientifica per il Center for Food Safety. “La strategia della Monsanto di analisi dei dati non rappresenta realmente una minaccia per gli agricoltori, ma la Monsanto adottandola per vendere meglio i semi vuole proporre con una logica pseudo-scientifica”.
Un nuovo gruppo chiamato Grower Information Services Cooperative sostiene che la migliore strategia che gli agricoltori possono adottare per proteggere i loro interessi durante la transizione ai big data è quello di organizzarsi. Formatisi nel Texas occidentale lo scorso dicembre, il GISC sta spingendo verso un modello in cui gli agricoltori memorizzino i propri dati in un archivio attraverso la cooperativa, e le aziende pagherebbero al gruppo una tassa per accedervi. Il sistema darebbe agli agricoltori la proprietà legale e tecnica dei dati, e fornirebbe un modo di condividere tra gli agricoltori il suo valore monetario, ha dichiarato Mark Cox, controller e direttore delle comunicazioni per GISC.
“I produttori devono essere proattivi nel modo in cui vengono gestito le loro informazioni”, ha detto Cox. “Altrimenti tutta questa potenza economica consoliderà sempre più queste corporation e il coltivatore sarà sempre in svantaggio. Non vogliamo che il coltivatore diventi un inquilino nella propria azienda agricola”. Il GISC ha iniziato ad accettare i membri dal mese di gennaio del 2014, e sta incontrando uffici del settore in tutto il paese per pubblicizzare la sua missione.
I sensori del suolo e gli algoritmi per la semina potranno essere un game-changer.
Se gli agricoltori coglono appieno i frutti di quel raccolto, però, dipenderà non dalle tecnologie, ma dai tecnicismi giuridici che legano il loro uso.
Di Lina Khan pubblicato su Salon il 29 dicembre 2013.
Traduzione a cura del team di Rural Hub.
Lina Khan scrive degli effetti del potere economico concentrato con i mercati, le imprese e le iniziative di resilienza per la New America Foundation.
c’è solo da stare in guardia, la Monsanto non è famosa per “venire incontro ai piccoli agricoltori”…
Naturalmente. Siamo pienamente d’accordo ed è uno dei motivi per cui abbiamo tradotto questo articolo e vorremo avviare una discussione pubblica in merito a questa problematiche che tra qualche mese si proporrà anche nel nostro paese. Dovremmo capire come tutelare i produttori e i loro prodotti dall’uso improprio dei big data. 😉
Facciamo nascere una realtà che tuteli i Big data agricoli italiani Vittorio Sangiorgio. È centrale essere padroni… http://t.co/7zdREiQaaA
Ciao Gennaro Fontanarosa. Interessantissimo! Possiamo ripubblicarlo su doppiozero, ovviamente citando tutti i credit a Societing e a Salon?
aspetto un feedback dall’autrice 😉