Food Sharing

Food Sharing : l’innovazione che speriamo diventi tendenza

Il Food Sharing è la condivisione delle eccedenze alimentari, altrimenti dette “avanzi”, tra membri di una comunità, al fine di evitare sprechi.

“Mangia tutto perché ci sono i bambini che non ce l’hanno”, “Il pane non si butta, è peccato!” : quante volte da bambini ce lo siamo sentiti ripetere? Ed effettivamente spesso nel nostro linguaggio sono contenuti i semi della reale condizione delle cose.

Mangiare: un bisogno primario, di cui però si continua a dibattere perché da un lato c’è chi spreca e si ammala di sovralimentazione, dall’ altro c’è chi ancora è denutrito. La FAO calcola che ogni minuto 2400 tonnellate di cibo finiscono tra i rifiuti. Si calcola che nei paesi più ricchi, ben il 40% di quello che viene prodotto ad uso alimentare viene sprecato.

Senza dubbio adottando uno stile di vita più sostenibile, controllando i nostri consumi, imparando davvero quali sono le parti commestibili (e buone) di un cibo, possiamo lavorare affinché le percentuali cambino.

Possiamo imparare il food sharing, ossia condividere il cibo ed anche gli avanzi.

In giro per il mondo, a New York, a San Francisco, in Germania, a Londra sono nati numerosi gruppi, che promuovono questo aspetto della social innovation.

La prima start-up di questo genere è di Seattle, Leftoverswap : attraverso un’app, segnali ai tuoi vicini che hai degli avanzi da condividere e chi è interessato, può contattarti e comprarli.

Un’altra start-up, riservata però agli chef a domicilio, è partita a Londra si chiama Eatro e pare che sia il metodo principale per gli chef della zona di fare la spesa a prezzi contenutissimi.

In Germania esiste invece Foodsharing.De, un’organizzazione senza scopo di lucro che mette in connessione chi vuole donare gratuitamente i propri avanzi, con coloro che ne hanno bisogno. Foodsharing.De conta in tutto circa 40.000 membri, sparsi tra Germania, Austria, Svizzera, Messico, Israele e UK.

Un esperimento diverso parte invece dalla California con Cropmobster : gli agricoltori mettono a disposizione sulla piattaforma gli eccessi delle loro produzioni, in modo che i volontari possano raccoglierli e darli in beneficenza.

E in Italia cosa succede?

Culturalmente, l’idea di mangiare gli avanzi di un altro fa storcere l’idea ai più e la nostra legislazione è senza dubbio molto restrittiva per ciò che riguarda le regole legate al cibo.

Nonostante ciò, qualcosa comincia a muoversi, tanto che al prossimo Expo 2015 , in linea con il tema della manifestazione, sarà istituito un refettorio gestito da Caritas, Diocesi ed Expo, realizzato unicamente grazie agli avanzi delle pietanze preparate durante la fiera, opportunamente cucinati da chef stellati.

Finalmente nascono anche delle realtà online che tentano di stimolare le persone ad utilizzare parti di vegetali considerati di scarto o di recuperare antiche ricette la cui base sono i tagli di carne considerati poveri, condividendo non il cibo in sè ma i processi legati a questo. Nascono però anche associazioni che si preoccupano di recuperare questi scarti e riproporli per sensibilizzare i consumatori.

E’ un esempio Scarti di Gusto : un progetto dell’associazione l’Appeso, che offre gratuitamente buffet, le cui pietanze provengono unicamente da eccedenze alimentari. Attraverso la loro pagina web, si rivolgono a produttori e distributori alimentari, produttori industriali per riceverne le eccedenze, a organizzatori d’eventi per ottenere spazi, a media e singoli individui.

L’Associazione Un Pane per tutti , invee, pone l’attenzione sull’aspetto ecologico ma anche su quello sociale, sottolineando come solo una piccola parte degli esuberi, dei prodotti prossimi alla scadenza, della grande distribuzione sia devoluta in beneficenza. Il loro obiettivo è quindi promuovere vendite sottocosto all’interno della GDO, banchi alimentari, donazioni a canili e raccolta differenziata dei rifiuti derivati.

Forse mancano ancora qui realtà diffuse ed organizzate per raggiungere le comunità in maniera capillare, anche perché reti di questo tipo presuppongono rapporti di fiducia tra i membri. Una soluzione potrebbe essere quella di costituire piattaforme organizzate di food sharing, come quelle legate ad altre forme di baratto o di condivisione.

Voi cosa ne pensate?

Condividereste gli avanzi della vostra dispensa?

Prendereste quelli degli sconosciuti?

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