Urban Co-operative Farm, il progetto Ruokaosuuskunta
[di Yvan Scognamiglio]
A #Campdigrano si è discusso molto delle pratiche innovative di coinvolgimento (locale e iperlocale) dei consumatori, attraverso sistemi di produzione e commercializzazione che vadano oltre l’esperienza dei gruppi di acquisto solidale (GAS). Le realtà di CSA – Community Supported Agricolture, rappresentano una possibilità concreta di conoscere la provenienza del cibo, di partecipare attivamente alla sua produzione, e un’opportunità di costruire percorsi di relazione basati sulla reciprocità e la fiducia.
Urban Cooperative Farm – agricoltura comunitaria urbana – realizza un modello di agricoltura non convenzionale sempre più diffuso, in cui un collettivo di consumatori affida un terreno a un agricoltore professionista affinché egli ne curi gestione e raccolto.
Nessuno, da solo, potrebbe farsi carico di ingaggiare un personal farmer – così è stata definita questa particolare tipologia di fattore contemporaneo – ed è per questo che le nuove pratiche di Community Supported Agricolture rappresentano una possibilità concreta per i consumatori di assicurarsi cibo sano e, insieme, sostenere le piccole produzioni organiche.
Sini Forssell, ricercatrice in materia di food sustainability, attiva in progetti di food cooperation, inizia l’esperienza di cooperazione agricola urbana nel quartiere Herttoniemi, nell’est di Helsinki.
Alla base del progetto Ruokaosuuskunta, oltre che l’idea di mettere in piedi un modello alternativo di consumo alimentare sostenibile, ci sono sia la necessità di rendere tracciabile la provenienza dei prodotti agricoli che la volontà di conoscere personalmente chi ne gestisce crescita, raccolto e distribuzione.
Ognuno dei 180 membri investitori che partecipano al progetto paga una somma annuale pari a 450 euro, impiegati per assumere un agricoltore e sostenere le spese del campo, della semina e dell’attrezzatura necessaria.
Durante il periodo di raccolta i prodotti vengono portati settimanalmente nel centro urbano e distribuiti fra i soci, accorciando ulteriormente la filiera anche rispetto alle pratiche classiche di Community Supported Agricolture come i farmers markets, terminali che chiudono il ciclo produttivo attraverso la vendita al dettaglio.
Riallocare il circolo di produzione e consumo di prodotti alimentari in una dimensione urbana ha permesso – come dice la Forssell – di distinguersi da una normale esperienza di CSA, in quanto la coltivazione avviene a soli trenta chilometri dal centro della capitale finlandese e permette alle famiglie che investono annualmente, di poter partecipare ai processi di gestione delle colture seguendo, e talvolta aiutando personalmente e sul campo, gli operatori agricoli specializzati cui è stata affidata la stagione.
La stessa distribuzione, proprio grazie alla prossimità dei territori agricoli, risulta snellita in quanto farmers e consumatori agiscono insieme nella stessa comunità, che annulla, di fatto, la necessità di estendere il processo ad intermediari. La vicinanza riesce inoltre a garantire un migliore stato di conservazione e freschezza del prodotto che il consumatore/investitore riconosce come proprio e genuino.
Il modello della Community Supported Agricolture, sviluppatasi a metà degli anni ’90 ma già attivo in Giappone dagli anni ’60, conta oggi negli Stati Uniti circa 10.000 famiglie investitrici che insieme agli agricoltori spartiscono rischi e guadagni, condividono informazioni su cibo e pratiche, e consentono di abbattere i prezzi dei prodotti alimentari.